IL SOLE E LA LUNA

IL SOLE E LA LUNA

ALBA

Si affacciò furtiva notando il leggero bagliore, il segno indistinguibile che le garantiva che lui stava arrivando: “Che bello, che bello, ora mi metto qui buona buona e lo aspetto. Aiuto…aiuto, e speriamo di piacergli”, e tornò ad osservarsi per la centesima volta, “Ma come faccio a sapere se sono in ordine per quello? A me…pare di essere carina! Valli a capire questi maschi, finirà che non gli piaccio!”, sbuffò lanciando lontano una decina di asteroidi che le gironzolavano intorno da duecento mila anni almeno. E dire che aveva passato secoli e secoli ad aspettare quel loro primo giorno…o notte, dipendeva dalle prospettive di ogni singolo individuo, due individui, solo loro, non è che ci fosse poi quella gran folla in quella parte del sistema solare.

Si era inoltre ben lisciata tutti i crateri, arrotondandoli a dovere, non voleva passare per una spigolosa lei. Ben ripulita, soprattutto la facciata anteriore, quella che l’universo ammirava, quella dietro tanto era sempre nascosta ed era certa che non fosse indispensabile mostrargliela subito: “Dietro, il didietro…magari vedremo più avanti, non è che posso svelarmi tutta in una volta sola!” Non sono mica una luna di facili costumi io!”, creare un po’ di aspettativa, sapeva poter essere quella una ottima tecnica di conquista, così almeno le avevano consigliato le altre Lune della sua galassia. Però nella sua parte migliore, quella sempre illuminata, be, lì le pulizie le aveva fatte ben bene. E che fatica rimuovere tutti quegli asteroidi giganteschi e polverosi. E tutti insieme, pareva che quei massi l’avessero presa di mira, tutti addosso a lei: “Lo voglio anch’io un tappeto. Ci avrei ficcato tutta quella polvere là sotto!”

“Basta!”, si scosse scrollandosi un po’ di radiazioni orticanti, “Sembro una Luna al primo appuntamento!”, e rifletté tornando indietro nei ricordi, “Veramente…questo, questo è il mio primo appuntamento. Anzi…no, non lo è! Effettivamente è solo il mio primo incontro con quello! Aiuto…aiuto! Che emozione!”

Lui emerse dal buio circostante e armoniosamente la illuminò. Meravigliato si fermò ad osservarla, era bellissima come lo era stata nei milioni di anni dove tutti i giorni, furtivo la ammirava.

“ci..cia…iao…Ciao!”, farfugliò lei imbarazzatissima. E figuriamoci se al suo arrivo non si sarebbe impappinata, “Mannaggia a me e alla mia emotività”.

“Buongiorno anche a te, o meraviglia del mio creato”, e il Sole parve realmente intimidito da quella presenza celestiale.

“”Chi sei?”, domandò lei mentendo spudoratamente, erano millenni che chiedeva informazioni su quel tizio a chiunque incontrasse nei paraggi.

“Come? Non sai chi sia io?”, e tossicchiò incerto di quella domanda, “Vedi, io sono colui che dà la vita a tutto l’universo. La luce che rischiara il nostro tanto amato sistema solare, sono quello che tutti aspettano ogni giorno per procedere serenamente nella loro esistenza nel tempo”.

“Lei prima arrossì e fu certa che la causa non fossero tutti quei raggi che lui diffondeva da sempre: “Scusa, è la prima volta che ci parliamo, non ti pare il caso di fare meno il brillante?”, e si ammutolì ulteriormente, quello tutto poteva evitare tranne che brillare. Ritrovò il giusto contegno e riprese a fissarlo. Era bello forte però, Quello non riusciva proprio a negarlo. Eppure, nel suo piccolo si era aspettata un po’ più di galanteria e, perché no, una buona dose di modestia. A lei gli sbruffoni non piacevano affatto.

“Ti chiedo scusa”, disse lui amareggiato, “Sono un galansole io”, e le si inchinò abbassando tutta la sua luminosità. Giove e Saturno la presero sul personale: “Ma che diavolo fai! Tu ci devi scaldare! E non puoi fare il galletto più tardi?”

Il Sole dispiaciuto riprese la sua posizione corretta non smettendo di ammirarla, “Sai, tante notti ho desiderato tu mi facessi compagnia”.

“Carino”, pensò lei. Certo che poteva pure svegliarsi prima quello: “E non potevi chiedermelo? Lo sai che avrebbe fatto piacere anche a me”.

“Sai, per quanto tutto ciò che vedi esista grazie a me, io comunque…”

Lei lo interruppe stizzita: “E che palle! Ma non sai dire altro? E lo so…tu dai la vita…tu fai esistere tutti…tu…tu…e basta! L’ho capito”, e fece un grande sforzo per trattenersi, “Dai, vai avanti, non volevo interromperti”, e strinse forte una decina di crateri per non mandare a quel paese quel pallone gonfiato luminoso.

“Sino a quando puoi restare con me?”, volle addolcirla lui abbassando le difese e rivelandole i suoi desideri più nascosti.

“Non so…il mio turno è finito adesso. Ormai tu sei sorto, io devo andar via”.

“Dai, fermati ancora un po’”, il Sole le lanciò i suoi raggi migliori, una scaldatina rilassante poteva anche funzionare, “Io sento il bisogno della tua dolcezza”.

“Aiuto…questo mi farà venire il diabete lunare”, si innervosì consapevole che non è che potesse decidere lei quando lavorare.

Un dubbio le corse tra i crateri: “Mi stai per caso chiedendo di fare gli straordinari? Se sono dall’alba dei tempi che per colpa tua mi tocca il turno di notte!”, e si scosse tanto forte da riuscire a ripulire dagli asteroidi anche la sua parte nascosta, “E perché non vieni tu prima domani?”

“Se a te fa piacere, sorgerò prima. Magari possiamo conoscerci meglio. Io ne sarei entusiasta”, e il Sole tacque consapevole che con quella era meglio andarci piano, almeno all’inizio.

“Va bene, va bene…”, e in parte la Luna volle rendere il loro primo incontro meno conflittuale. Era ben consapevole del suo caratteraccio. Però quello era l’unico in giro, almeno nei paraggi, meglio tenerselo buono. Volle però indagare un minimo su quel personaggio tutta luce e niente calore, almeno a parole: “E come passi il tempo nelle tue giornate?”

Lui alzò disinvolto un po’ di raggi: “Be, illumino gli altri e li scaldo. Ogni tanto passa qualcuno, qualche amico di vecchia data, due o tre miliardi di anni intendo, non prendo confidenza in fretta io. E poi”, e sbuffò infastidito, “Pensa mi tocca stare tutto il giorno ad assorbirmi le lamentele delle Lune del sistema. Sempre a spettegolare…”, e provò a farla ingelosire, “E sempre a parlarmi a chiedermi consigli, ogni scusa è buona per starmi vicino”.

“E se hai così tante ammiratrici, “, sputacchiò acida lei, “E perché non te ne porti qualcuna con te?”

“Non potrei, si scioglierebbero”, rispose lui pratico.

“Qualcosa mi dice che…quelle ben cotte lo sono già”, lo aggredì furibonda, “E che non ti venga in mente di fare il fringuello con me. Sono una Luna seria io!”, e rinforzò quel concetto, “Puoi tranquillamente frequentare tutte le Lune che ti pare”, e lo fissò minacciosa, “Non pensare di essere però l’unico! A dirla tutta, io di avance ne ho quante ne voglio. Di richieste dagli altri Soli, anche più grandi di te, ne ho tutti i giorni io”.

Il silenzio si impossessò del sistema solare. Stanca, fece un saluto distratto e andò a prendersi il suo meritato riposo mollandolo lì inebetito.

Il Sole provò a ripetersi il loro breve dialogo. In effetti lui forse si era posto nel modo sbagliato. Non era un duro e non voleva neanche esserlo. Ma Giove e Saturno gli avevano consigliato di far così, quelle preferivano i maschi forti, invincibili, senza paura e pronti a battersi per loro, così dicevano da sempre. Ma lui era solo un Sole come tanti. Scaldava gli altri e basta. Nessuno in realtà si preoccupava di lui. Tanto tutti sapevano che sarebbe tornato, sempre alla stessa ora e che non aveva modo di dettar legge a nessuno. Tanto immenso quanto piccolo in quell’immensità.

12 ore dopo

TRAMONTO

Il Sole sbadigliò, che giornatina. Nulla di diverso ma la sua mente era altrove. Aspettava inquieto il tramonto che pareva non arrivare mai. E non poteva neanche prendersela con nessuno, era del resto lui che decideva gli orari del firmamento.

“Ciao!”, e radiosa la Luna si fece notare. Più bella che mai e, appena sveglia era ancora più incantevole.

“Ciao anche a te…riposato bene?”

“Dai, non posso lamentarmi”, e lo fissò ambigua, “E se ricominciamo tutto da capo? Che ne dici? Prometto che farò la brava stasera!”

“Mai fidarsi delle Lune accondiscendenti, blateravano sempre quei due pianeti da quattro soldi: “Cer…cert…cert…va bene, parla tu che io non riesco. Se sbaglio…poi te ne vai di nuovo!”

Lei le mandò un bacio: “E dai, prima fai il gradasso e adesso il timidone?”

Lui non le rispose ma di nascosto sogghignava: “Mi son chiesto come possiamo fare a incontrarci, toccarci intendo”.

“Scusa, dopo milioni di anni mi parli per la prima volta e, poche ore e pensi già al sesso? Corri un po’ troppo Sole mio!”

“No! Aspetta…no…non intendevo quello…aspetta, volevo dire un’altra cosa io”

“E non fare adesso il maschio rispettoso delle fanciulle lunari”, e volle provocarlo, imbarazzato le piaceva di più, “Io ti ho solo detto che corri troppo. Non ti ho mica detto che mi dispiace! Che corri così veloce voglio dire! Che dici? Dopo milioni di anni che ti aspetto…”, riprese ad intimidirsi, “Be…magari un po’ di fretta ce l’ho anch’io…”, e dentro di sé urlava felice, quello era suo, lo teneva in pugno ormai, non poteva sfuggirle.

“Sai, mia dolce metà, mi riferisco naturalmente al giorno e la notte, mi chiedevo…ecco, mi chiedevo proprio…sai…”

“E parla! E quanto ti ci vuole? Ti ricordi che tra poco inizia il mio turno? Tu te ne devi andare!”

Lui annuì. Respirò tanto a fondo che sballottò con quel vortice Marte e Mercurio: “Mi chiedevo come saranno i nostri bambini”, disse tutto di un fiato. Marte e Mercurio tornarono alle loro rispettive coordinate, ringraziando e comprendendo che l’amore creava grossi casini anche da quelle parti.

 “Cosa? Bambini?”, e la Luna assunse un colore violaceo, “Ma sei fuori di testa?”, e gli lanciò contro una decina di asteroidi, quelli più grossi che per non perder troppo tempo aveva nascosto sotto la calotta polare a nord, “E magari hai già pensato alla nostra bella casetta col giardino…e senti, gli animali domestici? Gatti o due bei cagnolini, quelli fanno fighi quando passano le stelle cadenti. Ma che bello, la famigliola felice del sistema solare!”

“Aia!”, cinque asteroidi li aveva evitati ma gli altri se li era presi proprio dove non batteva mai il Sole, “Scusa, scusa”, borbottò lui dispiaciuto, “Non volevo apparirti un Sole farfallone io. Anche io sono un Sole serio…mi sono innamorato di te e…ecco, pensavo che, garantendoti una stabilità…ecco, magari…ti saresti innamorata anche tu”.

La Luna si portò due crateri sui fianchi iniziando a squadrarlo truce. Avrebbe voluto incenerirlo ma quello inceneriva già: “Senti, capisco che sei molto più grande di me e devi avere una mentalità antiquata”, e provò a distendersi, era comunque davvero carino con lei, tonto ma carino, “Dicevo soltanto che forse per la prole aspetterei un pochino…che ne so, facciamo trecento mila anni, giuro, non di più”, e assunse un atteggiamento provocante mettendo in bella vista i suoi crateri migliori, “E poi…a te…non ti va di spassartela un po’ prima di pensare a tutti i casini di una famiglia? E dai, divertiamoci, avremo tempo di fare i globi seri noi”.

“Domani…domani, io ti amerò come non ho mai amato nessuno. E poi deciderai. A me basta solo poter vederti, ammirarti, sentirmi parte di qualcosa di importante”, e visibilmente commosso se ne andò veloce coprendosi con una gigantesca massa nuvolosa, la sua dignità gli impediva di farsi beccare piangere, soprattutto da quella.

 “Domani? Domani cosa?”, e impallidì. Corse a rileggersi i suoi appunti e entrò in panico: “Domani! Ha ragione lui! Domani!”

Sette ore dopo

ECLISSE

Daniela prese dolcemente la mano di Luca: “Non è bellissimo? È romantico, non credi?”

Lui si staccò dal grosso binocolo che si erano portati dietro e le si accomodò di fianco sull’erba fresca. In vetta a quella collina potevano ammirare l’eclisse: “Sì, l’unione tra due essenze che non potranno mai essere separate”, e indicò la Luna, “Guarda, guarda che bello, tra poco si toccano”, e si voltò preoccupato, “Metti gli occhiali da sole, lo sai che è pericoloso”.

Lei si affrettò a recuperare le lenti protettive e portò la sua attenzione al Sole: “Sempra che la stia aspettando da sempre”, e come io con te, “confessò Daniela che voleva quel ragazzo tutto per se. Duro quando non serviva, tenero quando doveva mostrarle la sua determinazione. Un casino di ventenne che si imbarazzava ogni volta che lei gli si avvicinava. Tanto bravo a leggere le stelle, quanto imbranato con lei, l’unica stella che quel giovanotto avrebbe dovuto degnarsi di ammirare, Anche senza telescopio. Daniela voleva esser sempre bella per lui.

“Si sono toccati, sta entrando dentro di lui”, disse affascinato Luca che prese coraggio e l’abbracciò. Daniela tremò ma lo tirò a sé appoggiandogli le labbra sul collo, baciandolo delicatamente. Tornò poi a guardare il Sole e la Luna, oramai il cielo si stava scurendo, nei suoi pensieri, era quella che si stava prendendo spudorata la grande stella, non il contrario.

Luca affascinato si paralizzò: “È dentro di lui! Guarda, adesso è proprio al centro”, e si voltò verso Daniela armandosi di tutto quel coraggio che mai ricordava di avere avuto: “Mi sono innamorato di te! Non desidero altro! Sappi che sarai tu la mia e unica stella e”, si fermò un attimo fissandola negli occhi in quella penombra che quei due nel cielo avevano creato, “E avremo tanti bambini…decidi tu quanti, a me andrà sempre bene”.

“Bambini? Ma abbiamo solo 19 anni! Divertirsi un po’ prima..…no?”

ROBERTO ABUTZU

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