BUON COMPLEANNO FANCIULLA

Buon compleanno fanciulla

Carbonia (Sardegna)

6 settembre 2023

Ore: 06:50

Come tutte le mattine si alzò molto presto. Aveva da fare lei e non sarebbe stato un compleanno di troppo a mettere in pausa tutti quei doveri che, tanto giovane si era già messa sulle spalle.

E dire che erano solo 24, l’età dove tutto e bello, tutto è adrenalina, il periodo della esistenza dove niente ti ferma perché le fatiche e le pause fanno parte di quelli grandi davvero. E grandi lo si diventa almeno trent’anni dopo.

“E che palle, anche oggi…”, e si trascinò al bagno, chissà che un po’ di acqua gelata mi svegli un minimo”. Si spogliò, saltò dentro la doccia, dieci minuti dopo gongolava davanti allo specchio in accappatoio con l’aria calda del fon che le concedeva piacevoli brividi nella vellutata schiena ancora umida.

Una rapida occhiata allo specchio e si paralizzò. Una donna identica a lei, la guardava sorridente e radiosa. Ancora infreddolita si analizzò sospettando che a ventiquattro anni si perdesse la memoria: “No…No! Non l’ho ancora levato”, e per sicurezza toccò l’accappatoio, riportando poi la sua attenzione a quella, chiunque fosse, dentro alla superficie riflettente proprio sopra il lavandino. Eppure, quella tizia equivalente a lei l’accappatoio non lo indossava. Totalmente nuda, le braccia sui fianchi e, man mano che passavano i secondi pareva sempre più radiosa, felice, emanava una serenità che la avvolse portandola a percepire una sensazione di pace. Come se quella dentro allo specchio riuscisse a innalzare la sua essenza in una dimensione superiore.

La ragazza dentro lo specchio le indicò l’accappatoio, le sorrise e disse: “Toglilo e ammirati, lo sappiamo che senza sei più bella”.

Lei si scosse: “Sto ancora dormendo…parla pure quella…cioè, io parlo, ma l’ha dentro, non qui che cavolo di incubo stamattina…”, e fissò davanti a sé. Lasciò cadere l’indumento bagnato e si osservò dettagliatamente: “Quel corpo là dentro è il mio. Si muove diversamente da me ma quel corpo è assolutamente il mio…e come si permette quella di copiarmi il fisico?”, si portò le mani al volto, “No! Questa è follia”.

 “Follia?”, e percepì una voce lontana, un tono decisamente di meraviglia, “Ma sei matta? La tua non è affatto follia”.

“E allora cos’è? E tu chi diavolo sei? E perché ti sei infilata là dentro?”

Dallo specchio fuoriuscì un leggero colpo di tosse: “Io sono te. O tu sei me, decidi tu, dipende solo da quale mondo osservi”.

“Un po’ presto per la tua, o nostra filosofia spiccia! Io di mondo conosco solo il mio…e comunque ti ho chiesto cosa diavolo vuoi da me oggi!”

Nello specchio, la ragazza nuda si intravedeva solo per metà busto. Fu sufficiente per notare che alzò le spalle: “Beh…non è che io voglia qualcosa in particolare. Volevo solo farti gli auguri per il nostro ventiquattresimo compleanno”, e riprese a sorriderle, “devi esser fiera di te…di noi intendo! Sei bella, intelligente e, con tutte le energie che ci metti, diventerai grande un giorno nel tuo mondo…e anch’io naturalmente”, e partì un giubilo di soddisfazione.

Fuori, lo smarrimento prese il sopravvento: “E tu, come fai a dirmi queste cose? Prevedi il futuro per caso?”.

L’altra negò: “Assolutamente no!. Io non lo prevedo, io lo so! E lo sai anche tu! Ti manca solo il desiderio di ascoltarlo”.

“Ascoltare il mio futuro? Ma cosa fumi là dentro?”, e non trattenne la curiosità, “Sai dirmi anche come faccia io a saperlo cosa diventerò?”

“Hai mai provato davvero a leggerti dentro?”, e la ragazza nello specchio parve avvicinare una mano verso di lei. Si sentì accarezzare dolcemente e iniziò a tremare. Quella sensazione era reale: Dimostrami che sei vera o smetto di ascoltarti e me ne vado…mi fai paura”, balbettò.

Una mano uscì da quel riflesso, afferrò un rossetto posto proprio sul bordo del lavandino e lo diresse verso il suo naso. Le fece un piccolo scarabocchio e ripose il trucco al suo posto. L’arto rientrò nel suo mondo e la sua proprietaria prese a ridere: “Siamo bellissime, con quel pasticcio ancora di più”.

“Raccolse l’accappatoio e si ripulì il naso notando il segno rosso ben visibile”, iniziò a innervosirsi e lanciò lontano l’indumento: Cosa stai facendo, perché mi tratti così? E questi sarebbero i tuoi auguri?”.

La ragazza nello specchio divenne seria: “I miei auguri sono per noi, non solo per te. E io in realtà sono l’altra parte di te. Tu stai solo vedendo ciò che hai dentro, la tua essenza, la tua anima, chiamala come vuoi ma non sono una estranea intrappolata qui dentro, Io sono tutto quello di te che tu hai messo da parte per una esistenza dove i tuoi traguardi hanno la priorità…e tu, non io, vedi solo quelli”.

“Come? Senti, se tu sei me stessa, sappi che io non ti ho capito. E ho da fare io, anche oggi, e devo pure essere in ritardo per colpa tua”.

“Allora non ti vuoi ascoltare proprio!”, e la ragazza nello specchio sbuffò tanto forte che alcune nuvole di vapore caldo fuoriuscirono dall’altro mondo, volteggiando intorno alla ragazza saldamente ancorata al lavandino: “Ok! Dimmi tu cosa allora dovrei fare per imparare ad ascoltarmi…o ascoltarci se preferisci”.

“Aspetta, ti spiego. Io sono quello che devi imparare ad ascoltare, mi trovi sempre dentro di te ma non vieni mai a trovarmi!”, e la voce dello specchio assunse un’aria paterna, “Pazienza! Porta pazienza. Vivi solo perché esisti. Fai le tue esperienze e cresci”, e parve riflettere intensamente, “E oggi fregatene di tutto. Ne fai ventiquattro. Goditeli e le soddisfazioni arriveranno”, e lo specchio si illuminò dell’azzurro del cielo portando quel colore celestiale a diffondersi in tutto il bagno.

La sua sé stessa parve smaterializzarsi e lo specchio tornò disabitato.

Udì dei passi avvicinarsi, forse la mamma preoccupata, si sa mai che arrivasse due minuti dopo le nove in facoltà.

 Infilò rapida l’accappatoio e diede nuovamente un’occhiata veloce allo specchio. Dentro non c’era davvero più nessuno. Lei era rimasta fuori e quella dentro, che comprese esser la sua parte bambina, quella che lascia che a crescere siano gli altri, si era dileguata. O forse era venuta via dallo specchio rientrandole dentro. La porta si aprì e la madre si affacciò: “Non ti prepari oggi figlia mia?”

Lei mosse una mano in aria: “Sì, sì, almeno oggi però voglio prendermela comoda”

“Certo figlia mia…ma perché non ti prendi un giorno di vacanza? Al tuo fidanzato non dispiacerà di certo…andatevene al mare, è sempre bello quello, anche quando fa freddo ”.

Lei la osservò cercando di capire dove fosse la fregatura. Mai sua madre le aveva consigliato di non adempiere ai suoi doveri. E quella era una donna saggia, non parlava senza dir cose giuste. Ma qualcosa non le tornava, il compleanno non era una ragione sufficiente per quella inaspettata richiesta. Le si avvicinò dubbiosa: “E perché dovrei non far nulla oggi?”

La madre si commosse: “Perché è giusto così…il tuo traguardo lo hai già raggiunto…almeno il più importante…tu sei qui!”

“E a te… chi lo ha detto? Che ho raggiunto un traguardo intendo?”

“Aspetta! Ti spiego”, e la madre oltrepassò la figlia mettendosi proprio davanti allo specchio. Lo additò: “Lui! Stamattina presto quando mi sono alzata”, e lo osservò quasi attendendo qualcosa, “Però ero io. Mi parlavo da sola…parlavo a me stessa di te. E ho capito…ho visto”, e si voltò notando il pallore nella figlia, “Avrai tempo, tanto tempo…e hai già fatto tanto…oggi divertiti, è il tuo giorno…non correre figlia mia, ogni tanto fermati e goditi te stessa”.

Il campanello suonò: “Vado io, magari è una sorpresa per te…tu vestiti che fa freddo oggi”, la madre uscì frettolosa dal bagno.

La ragazza ancora tremante fissò il suo riflesso. Nulla di strano o magico. La sua se stessa, doveva essere anche il suo di compleanno, non c’era più. E doveva aver fatto le valige anche la se stessa della madre: “Che gran casino dev’esserci là dentro, un bordello di tutti i se stessi di tutti quelli che sono da questa parte”. Si vestì e si sentì chiamare.

“Vieni figlia mia, è per te”.

 Giunse alla porta e si ritrovò un signore con un libro in mano. Occhiali scuri, pizzetto disordinato, cappuccio in testa tutto bagnato, doveva piovere parecchio quella mattina, difficile comprenderne la fisionomia.

“Signorina. Buongiorno. È lei che oggi compie gli anni?”, chiese l’uomo.

La ragazza si limitò ad annuire emozionata.

“Bene, questo è per lei…e buon compleanno”, e senza aggiunger altro quel misterioso signore se ne andò.

Lei osservò la copertina, una distesa lunare con una motocicletta parcheggiata e due occhi azzurri tra le stelle. “Che strano”, pensò e scorse una scritta incisa nella roccia di un cratere: “OSLO. 12 febbraio 2027. Premio Nobel per la chimica”.

Avvolta dal panico corse dalla madre: “Mamma, guarda cosa c’è scritto qui sopra!”

La donna raccolse gli occhiali da vista e osservò il libro: “Io non leggo nulla figlia mia…qui nella copertina non c’è niente a parte i disegni”.

La ragazza lo afferrò bruscamente: “Qui! Nel cratere!”, e si paralizzò. Non c’era scritto davvero nulla. Eppure lei lo aveva visto, ne era certa.

12 febbraio 2027

Oslo

L’addetta al palco la chiamò: “Dai, mancano quaranta secondi”.

“Arrivo, non ci credo ancora…il Nobel…a me…”, e scorse su un lato della stanza dietro il palcoscenico uno specchio: “Ultima occhiata, un’ultima occhiata…arrivo…arrivo!”

Si mise di fronte, era semplicemente splendida. Apparve di colpo lei stessa, qualche anno prima, totalmente nuda nel bagno di casa sua con le mani sui fianchi.

La ragazza dentro allo specchio le sorrise: “Siamo felici oggi! Alla fine hai imparato davvero ad ascoltarti”, e svanì da quelle superfici riflettenti dove nessun se stesso avrebbe mai potuto entrarci.

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